Ladri di Biciclette


Descrizione: Fotogramma dal film: “Ladri di biciclette”
Titolo del film: Ladri di biciclette
Regista Vittorio De Sica
Anno: 1948
Aggiunta da Carlo Galeazzi

Una risposta

  1. Sabrina Di Sante ha detto:

    Riporto una discussione aperta su Facebook sotto questa foto:

    Maro Telina: Eravamo “extracomunitari” e non lo sapevamo.

    Sandro Lisandri: cosa erano i direttori della fotografia all’epoca… meglio di un dipinto…

    Sandro Bardaro: Verissimo, Sandro

    Licia Rinaldi: Questo film è un capolavoro!

    Daniela Astolfi: l’ho visto una volta tanti anni fà..non sono riuscita a rivederlo quando lo hanno dato in televisione ..troppo doloroso

    Gabriele Wittfeld: Brillante e sconvolgente! In assoluto il mio film preferito! Penso che *Ladri di biciclette* (tedesco: Fahrraddiebe) sia uno dei film più belli mai girati in tutto il mondo!

    Claudio Montesano: Racconta l’Italia dell’immediato dopoguerra, prendendo spunto dalle vicende di un uomo di Valmelaina che fu attacchino per un solo giorno. C’è davvero una Roma sparita in questo capolavoro di De Sica che si ispirò all’omonimo romanzo di Luigi Bartolini. E c’è la dolorosa odissea del protagonista della storia e del suo figlioletto (Lamberto Maggiorani ed Enzo Stajola) alla ricerca di una bicicletta diventata simbolo di una sopravvivenza dignitosa. Ma ci sono soprattutto l’affetto e la solidarietà fra padre e figlio, con quest’ultimo che si dimostra ben piu’ maturo della sua età grazie anche ai tempi difficili che si trova a vivere. Inutile dire che il film scandalizzò i benpensanti. “I panni sporchi si lavano in famiglia”, disse nell’occasione il sottosegretario Andreotti.

    Adriano Candali: Si. Solo che ‘uomo di Valmelaina’ sembra un uomo preistorico.. :)

    Claudio Montesano Ci hai ragione, Adrià. Del resto a me, che abito in via Valsugana, mi chiamano l’uomo di Sacco Pastore.

    Adriano Candali: ‎:) E io continuo a pensare che la sotto è stato distrutto chissà quanto materiale fossile per costruire Sacco Pastore…

    Paola Galiet: ladri di biciclette….mio padre fece la comparsa

    Mario Elia: ‎@ CLAUDIO MONTESANO – Sbagli,Claudio. Andreotti disse quella frase in relazione al film “UMBERTO D ” . Tale film,insieme a “SCIUSCIA'” e a “LADRI DI BICICLETTE” sono lo specchio dell’avventura italiana nel dopoguerra. Comunque,anche glialtri paesi,usciti martoriati dal conflitto,soffrirono gli stessi drammi. Tranne gli USA (che non hanno mai subito guerre sul loro territorio)ogni paese ha dovuto leccarsi le ferite. Rossellini sul film “GERMANIA ANNO ZERO”ci ha raccontato il dramma dei poveri tedeschi; Renoir dei francesi e via dicendo. Certo,un fatto è vedere gli avvenimenti dalla parte dei vincenti e un altro e assistervi dalla parte dei perdenti. Ragazzi.la guerra è un dramma per tutti. Chissà se con l’avvento delle armi nucleari e del reciproco terrore e deterrenza si sia giunti ad una sorta di stallo ! Bisognerebbe leggere qualcosa del filosofo Severino a proposito.

    Chantal Biton: LE VOLEUR DE BICYCLETTE!! IRREMPLASSABLE DE SICA!!

    Claudio Montesano: ‎@Mario Elia. E’ vero, l’infelice frase fu pronunciata dal sottosegretario Andreotti a proposito di “Umberto D”, il film che concluse la trilogia neorealistica di De Sica. Sbagli tu, però, quando parli di “avventura italiana nel dopoguerra”. Le nostre vicissitudini nazionali della seconda metà degli anni ’40 possono essere infatti definite in vari modi, tranne che un’avventura. Si trattò infatti di un’esperienza corale e consapevole all’insegna dell’impegno per la ricostruzione non solo materiale del Paese semidistrutto da una guerra (quella si’) avventurosa. Neanche l’attentato del ’47 a Togliatti distolse il nostro popolo dal lavoro collettivo e a testa bassa che avrebbe portato l’Italia, nel giro di un decennio, alle soglie del cosiddetto miracolo economico. Certo, ci furono contraddizioni e limiti umani e sociali in questo quadro che caratterizzò l’Italia uscita a pezzi dal secondo conflitto mondiale. Ma proprio a proposito della guerra, del dopoguerra e della capacità che dimostrò di avere il nostro cinema nel raccontare questo periodo cruciale della nostra storia, vorrei sottolineare, caro Mario, che solo i nostri grandi registi seppero portare sul grande schermo le sofferenze, le fatiche, i sogni e i sentimenti del nostro popolo e non solo (hai fatto bene a ricordare “Germania anno zero” di Rossellini). Insomma, tutti i popoli europei soffrirono gli stessi drammi, ma solo il cinema italiano seppe raccontarli (Renoir, che dal ’45 al ’51 fu negli Usa, non ha mai girato film dedicati alle vicende del dopoguerra francese e il suo cinema fu, comunque, prima ispirato a un populismo elegiaco e poi venato di ironia con punte di surrealismo).

    Mario Elia: ‎@ CLAUDIO MONTESANO – Immaginavo che la parola avventura nell’accezione corrente potesse avere anche il significato di percorso di vita. Non è più cosi ? Tu e l’Accademia della Crusca avete deciso in tal senso ? Mi ritiro in buon ordine. Di fronte a cotanta saggeza e autorità prendo ” il bastone e cappello e me ne vo”. Mi metto a leggere ” “L’Avventura di un povero Cristiano” di Ignazio Silone o “L’Avventura di un povero Crociato” di Franco Cardini.

    Claudio Montesano: ‎@ Mario Elia. Non sempre un percorso di vita è definibile con il termine “avventura”. Soprattutto quando si fa riferimento ad un popolo. Ognuno, però, può esprimersi come meglio crede. Siamo in pieno relativismo anche per quanto riguarda una lingua aperta a tutti gli spifferi come l’italiano. Mi felicito con te per le tue letture. In particolare, fa piacere che qualcuno si ricordi di Ignazio Silone, del quale mi permetto di segnalarti “Uscita di sicurezza”, il suo libro piu’ sincero e – direi – istruttivo a proposito proprio dei “percorsi di vita”.
    Scusa, Mario, ho eliminato un commento scritto troppo in fretta. Per cui il lettore di passaggio potrebbe non comprendere il senso del tuo invito piu’ che giusto a non dimenticare “Scuola di dittatori” del grande Secondo Tranquilli.

    Mario Elia: ‎@ CLAUDIO – O si sono accavallati i commenti o tu hai cancellato il tuo. In ogni caso,ho gradito più “Scuola di dittatori”che non” Uscita di Sicurezza”. Nel panorama letterario italiano ci sono diversi autori trascurati e ” messi all’indice ” da una strumentrale e malintesa egemonia culturale della sinistra togliattiana. Alla fine della guerra,Palmiro – alias il “migliore” – in ossequio alla cosiddetta “svolta di Salerno” (ordinatagli da Stalin)portò sugli altari autori addomesticati (e sdoganati dalle fila fasciste) e condannò alla damnatio memoriae altri autori interessanti ma non disposti all’obbedienza ideologica.

    Claudio Montesano: ‎@Mario. E’ vero quello che scrivi a proposito degli scrittori invisi al “migliore”. Ma la verità in questione riguarda, secondo me, piu’ le antipatie di Togliatti e della sua corte che l’effettiva diffusione e notorietà delle opere degli autori a lui sgraditi. C’erano infatti, a dispetto dell’egemonia culturale del Pci, fior di case editrici libere (la Mondadori, la Garzanti e la Rizzoli in primis), che pubblicavano e vendevano di tutto: da Montanelli a Malaparte, da Prezzolini a Pasolini, da Longanesi a Pratolini, da Bilenchi a Berto, dalla Bellonci a Pavese e via di questo passo. Piuttosto addolora dover constatare che da diversi anni a questa parte, pur essendo scomparsa l’egemonia di cui sopra, troppi scrittori italiani di valore siano del tutto scomparsi dai cataloghi delle case editrici e anche dalla memoria degli italiani. Mi vengono in mente Vasco Pratolini, Romano Bilenchi, Federigo Tozzi, Corrado Alvaro, Aldo Palazzeschi, Dino Buzzari, Giorgio Bassani, Anna Banti, Natalia Ginzburg, Elio Vittorini, Giuseppe Berto e tanti altri ancora.

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