Il Casino Massimo Lancellotti
In Via Boiardo, a due passi dalla Scala Santa e dalla Basilica di San Giovanni, quasi nascosta ai passanti, c’è quello che rimane della villa Giustiniani Massimo. L’area, così come noi la vediamo oggi, è frutto delle costruzioni post unitarie che hanno cambiato completamente l’aspetto della città. Dove c’erano orti, vigneti e ville sono sorti i nuovi quartieri della Roma Capitale ma alcuni frammenti di questo passato, fatto di verde e pace, sono sopravvissuti e uno di questi è proprio il Casino di caccia di Villa Massimo, unico pezzo rimasto della vasta villa che si estendeva tra le attuali Via Merulana, Viale Manzoni, Via Tasso e Piazza San Giovanni in Laterano. La villa, fatta costruire dal Marchese Giustiniani, principe di Bassano e depositario della Camera Apostolica, nei terreni che aveva cominciato ad acquistare a partire dal 1605, era stata pensata e progettata come la classica villa suburbana, un luogo di riposo dalla vita aristocratica e diplomatica della famiglia Giustiniani, dove potersi dedicare ad attività di svago e caccia senza allontanarsi troppo dalla città. E’ incerta la paternità dell’edificio anche se si fa il nome dell’architetto Carlo Lambardi. Di tutti gli edifici che dovevano completare la villa rimane solo il Casino di Caccia che mantiene inalterato il suo splendore architettonico e pittorico. Il Marchese Giustiniani era un grande collezionista d’arte oltre ad essere un vero Mecenate. Allestì quindi all’interno della villa una collezione con circa 1000 pezzi, considerata una delle più prestigiose dell’epoca. Sarà il suo erede Andrea Giustiniani ad impreziosire le facciate del Casino con alcuni dei pezzi della collezione del Marchese. Di sicuro effetto è la decorazione sulle pareti dell’edificio, che in parte si coglie anche dalla strada. Su Via Boiardo infatti si vede il lato ovest della palazzina che presenta, sopra il portale, il fronte di un sarcofago di III sec. d.C raffigurante il mito di Achille e Sciro mentre le finestre laterali presentano due medaglioni incorniciati da corone e due bassorilievi raffiguranti il mito di Fedra e quello delle Muse. La cornice marcapiano invece è decorata con quattro fronti di sarcofagi intervallati dalla colomba dei Pamphilj. Al centro un balcone sorretto da un’aquila, stemma araldico dei Giustiniani.
Nel 1802 il principe Vincenzo Giustiniani vendette la residenza al marchese Carlo Massimo, che commissionò, nel 1817, la decorazione delle tre sale al piano terra ai pittori Nazareni, gruppo di pittori tedeschi (tra cui Friedrich Overbeck, Franz Pforr, Carl Philipp Fohr di Heidelberg, Peter von Cornelius di Düsseldorf, Julius Schnorr von Carolsfeld di Lipsia, Ludwig Vogel di Zurigo, Konrad Hotinger, Josef Winterngerst e Joseph Sotter), chiamati così dai romani per la loro vita comunitaria in convento, la vicinanza al cattolicesimo e la dedizione al lavoro, ma anche per i mantelli che usavano indossare e i lunghi capelli. Vivevano nel monastero di Sant’Isidoro a Roma dipingendo durante il giorno nel refettorio, posando gli uni per gli altri e non dipingendo mai dal vero modelli femminili.
Il successo di questi pittori convinse il marchese Carlo Massimo ad affidargli la decorazione del Casino di caccia: la sala centrale, più ampia, verrà affrescata con le scene ispirate all’Orlando Furioso di Ariosto mentre le sale laterali, più piccole, saranno dedicate una alla Divina Commedia di Dante e una alla Gerusalemme Liberata di Tasso. Gli affreschi verranno conclusi nel 1827.
Nel 1848 la villa divenne proprietà dei Lancellotti che dopo l’Unità d’Italia vendettero il vasto parco per favorire la lottizzazione dell’area, in linea con quanto accadeva nelle altre ville aristocratiche romane, prima tra tutti la splendida Villa Ludovisi. Nel 1885 donarono al Comune di Roma il monumentale portale del muro di cinta della villa, posto all’altezza dell’odierna Via Merulana, che, dal 1931, è diventato il portale di accesso a Villa Celimontana.
Nel 1848 il Casino fu acquistato dai padri della Delegazione di Terrasanta, che tutt’ora lo detengono. Nel 1951 i Padri fecero edificare due basse ali laterali poggianti su un porticato a colonne e chiuse sul fondo da un edificio semicircolare, che in pratica trasformarono ciò che restava del giardino del casino in una sorta di chiostro. Al centro venne messa una fontana e i pochissimi resti dell’antica collezione del Marchese Giustiniani: qualche capitello, altari funerari, frammenti scultorei antichi. Nel giardino si conserva anche una copia della statua raffigurante l’Imperatore Giustiniano dal quale la famiglia riteneva di discendere. L’originale, trasportato nella Villa nle 1742, come ricorda l’iscrizione murata sul fianco dell’edificio, andò distrutto durante la seconda guerra mondiale.
Sala di Dante:
La sala dedicata alla Divina Commedia di Dante fu inizialmente affidata a Cornelius che iniziò ad eseguire i disegni preparatori del soffitto ma che nel 1818 lascerà Roma. La decorazione verrà quindi affidata a Philipp Veit che eseguì però solo il soffitto con il Paradiso, non sentendosi in grado di affrontare i temi di Purgatorio e inferno. Fu Koch a completare gli affreschi della sala. Franz Horny dipinse le ghirlande di frutta e di fiori.
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Sala di Ariosto:
La sala dedicata all’Orlando Furioso fu invece pensata e portata a termine da Julius Schnorr von Carolsfeld.
Sala di Tasso:
Nella sala del Tasso, Overbeck dipinse episodi e personaggi della Gerusalemme liberata. Alla morte del marchese nel 1827 il pittore si considerò sollevato dal contratto e partì per Assisi. Joseph Führich, che si era unito al gruppo nello stesso anno e che risiederà a Roma fino al 1829, venne perciò incaricato di terminare gli affreschi; l’artista, pur utilizzando i propri schemi, si sentì in dovere di rispettare i temi già stabiliti dal suo predecessore.
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