L’Isola Tiberina
L’Isola Tiberina ha costituito per secoli il punto più semplice in cui effettuare l’attraversamento del Tevere, ed è strettamente legata alle origini della città. Ancora oggi si arriva nella piazza centrale percorrendo due antichi ponti romani: ponte Fabricio e ponte Cestio (quest’ultimo ricostruito a fine ‘800). Si affacciano sull’isola anche i poco lontani ponte Rotto e ponte Garibaldi.
C’è una leggenda che la vuole formatasi con i covoni di grano gettati dai Romani in sfregio a Tarquinio il Superbo: in realtà la sua origine è geologica: l’isola è formata dallo stesso tufo di origine vulcanica dei colli della città, e dai sedimenti fluviali.
Da 2300 anni la si associa alla cura delle malattie, fin da quando, nel 293 a.C, i sacerdoti romani, impotenti di fronte a una grave pestilenza che affligeva la città, effettuarono un pellegrinaggio a Delfi per interpellare l’oracolo del dio della medicina Asclepio. Giunti a destinazione, fu loro donato un serpente sacro che al ritorno, giunto nei pressi dell’isola, si gettò tra la sua fitta boscaglia, rendendo chiara la sua intenzione di far edificare lì un nuovo tempio dedicato ad Asclepio, Esculapio per i romani.
Il perimetro dell’isola fu regolarizzato in età antica e gli fu dato l’aspetto di una nave, ancora in parte riconoscibile, con tanto di obelisco-albero al centro. I portici del tempio accolsero per secoli i malati della città, e nel medioevo durante le pestilenze il luogo, grazie al suo naturale isolamento, diveniva una sorta di lazzaretto.
Al medioevo risale la torre cosiddetta della “pulzella”, così chiamata per una testa marmorea di fanciulla riutilizzata nella sua muratura.
Intorno all’anno mille, per volere dell’imperatore Ottone III, sorse sui resti del tempio pagano la chiesa di sant’Adalberto e san Bartolomeo, di cui nella chiesa si conservano le reliquie e il bacino in bronzo che ne trasportò la testa, e circa 500 anni dopo, sull’altra metà dell’isola si insediò la comunità dei frati Fate Bene Fratelli che istituirono l’omonimo ospedale, ancora attivo.
La farmacia presente sulla piazza era fino a un secolo fa l’ingresso di una delle lunghe corsie dell’ospedale, e una delle due finestre laterali ospitava lo studio dentistico di frate Orsenigo, figlio di un macellaio lombardo, che aveva la fama di saper estrarre i denti con la sola forza delle dita e senza far soffrire il malcapitato. Alla sua morte fu trovata nel suo studio una cassa con due milioni di denti, compreso uno appartenuto alla regina Margherita.
La chiesa di san Bartolomeo conserva un’antica vera di pozzo collegata a una sorgente d’acqua, alcuni lacerti di affreschi medievali, uno splendido mosaico nella sacrestia, ma proveniente dalla facciata, una palla di cannone caduta durante la repubblica romana del 1849, e un’interessante cripta con capitelli nordici risalenti al 1000 che delimitano la fossa per le reliquie.
In alcuni ambienti al di sotto degli uffici dell’ospedale si conservano una serie di stanze in cui per secoli vennero conservati i corpi degli annegati nel Tevere: si tratta della Critpa dei Sacconi Rossi,confraternita di laici che si occupavano del recupero dei morti nel fiume.
Fotografie scattate durante le visite guidate di Roma Sparita da Paolo Scatarzi, Irene Isopi, Lucia Prandi, Greeny Sonlu, Davide Lucia
Testo a cura della dott.ssa Lucia Prandi
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