Valle Aurelia

Valle Aurelia
Descrizione: Valle Aurelia, chiamata da sempre “Valle dell’Inferno” per la presenza di diciassette fornaci che riempivano di fumo la vallata, resta tutt’ora in piedi la storica fornace Veschi, uno degli ultimi esempi di archeologia industriale presenti nella città. Nell’immagine il borgo dei fornaciai, un’insieme di case basse abitate dagli operai che lavoravano nel quartiere
Anno: 1938
Fotografo: (?)
Fonte: archivio sconosciuto
Aggiunta da Amenofi Tibere

27 Risposte

  1. Non molti sanno che proprio in quella stessa area, ai primi dell’Ottocento avrebbe dovuto sorgere …un cimitero! :D
    Le cose andarono così.
    Quando nel 1808 Roma venne occupata dal generale Miollis, furono applicate anche qui le normative prescritte dall’Editto di St.Cloud (firmato da Napoleone nel 1804 e che era già in vigore negli altri territori occupati), secondo cui per motivi di pubblica igiene si faceva divieto di continuare a seppellire nelle chiese o comunque entro i centri urbani, e si ordinava la costruzione di cimiteri lontani dalle abitazioni.
    L’anno seguente (1809) la Consulte Extraordinaire pour les Etats Romains emise un decreto in tal senso, conferendo agli architetti Giuseppe Camporese e Raffaele Stern l’incarico di trovare due terreni adatti “a formare de’ cimiterj fuori delle mura della città di Roma”. Furono individuati due siti: uno a est dell’abitato, presso la chiesa di San Lorenzo fuori le Mura, sulle antiche catacombe di Santa Ciriaca, e l’altro a ovest, nel Pigneto Sacchetti, situato nella Valle dell’Inferno compresa tra Monte Mario e la Villa Sacchetti. Quest’ultimo sito era un territorio di circa un ettaro, di proprietà della famiglia Carpegna.
    Ma mentre il cimitero orientale, sebbene tra mille difficoltà e ostilità della popolazione, dopo molti anni giunse a compimento, quello ad occidente rimase incompiuto e infine il progetto fu abbandonato.
    Infatti al ripristino dell’autorità papale, nel 1814, i lavori per entrambi i cimiteri si interruppero, trascinandosi molto lentamente negli anni successivi. Quello al Pigneto Sacchetti arrivò a trasformarsi in un acquitrino. Nel 1839, un quarto di secolo dopo, in una lettera del responsabile del Pigneto Sacchetti al Segretario per gli Affari di Stato Interni dello Stato Pontificio, si legge:
    « In tempo della Invasione Francese, quel Governo intruso disfasciò un rubbio di terreno circa in detta tenuta per formarvi un Cimeterio. Divise questo terreno in quattro grandi cavi molto profondi, in uno de’ quali fabbricò le vestigia di sepolture senza aver tempo di coprirle, perché non indugiò la Provvidenza Divina a rendere lo Stato al legittimo nostro Augusto Sovrano. Volge il ventesimo quinto anno che questa tenuta si trova nella medesima ruina essendo la situazione delle sepolture nella valle, con l’eminenza di un monte vicino, che porta una sorgente perenne d’acqua la quale va a formare il suo deposito in quei scavi, senza averne sortito alcuna, per cui vi è nato un seno palustre.
    Inoltre si è radunata una quantità immensa di insetti, che rendono l’aria la più pestifera in tutti quei contorni fin presso il palazzo del Vaticano che in linea retta non sarà appena distante mezzo miglio (la qual cosa è molto da considerarsi).»
    Ma un altro elemento che ebbe non poco peso sulla sulla decisione di abbandonare la costruzione del cimitero fu il nome stesso del sito, Valle dell’Inferno, che assai poco si adattava ad un campo per sepolture!
    La planimetria originale del progetto esiste ancora: è conservata nell’archivio del conte Camille de Tournon, che all’epoca dell’occupazione era diretto responsabile della costruzione dei due cimiteri.
    È molto probabile che da qualche parte di Valle dell’Inferno esistano ancora dei resti interrati dell’opera incompiuta.

    • raffaella ha detto:

      Che bella ricostruzione. Sono rimasta affascinata. Io sono nata e cresciuta in quella valle ed ho sempre saputo che era un luogo pieno di storia e avvenimenti incredibili . La mia valle….

  2. AMEDEO CACCIO' ha detto:

    LE FORNACI ERANO IN PARTE DI PROPRIETA’ CACCIO’, DA VIALE MEDAGLIE D’ORO ALLA FERROVIA DEL VATICANO. COSTRUTTORI HANNO LASCIATO OLTRE AL SUPER MERCATO L’OSPEDALE OFTAMICO VARIE SEDI DI BANCHE E SOPRATTUTTO LA FONDAZIOE SOPRA LA SEDE DELLA BANCA DI ROMA ,OGGI UNICREDITO AGEN 9–IN VIA FRANCESCO DELL’AANNO DANDO ALL’EPOCA LAVORO A MIGLIAIA DI PERSONE E RENDENDO IL QUARTIERE UNO DEI PIU’ IN DI PRATI. .

  3. Io ci sono cresciuto da piccolo.

  4. davvero interessante tutto cio,hai x caso notizie di via della cava aurelia e via delle fornaci,la zona dove sono nata….certo i nomi già fanno presagire…..

  5. Molto interessante. Mi piace molto la ricostruzione della storia di questa zona.

  6. Io ricordo che ero ragazzina e ci fu un’inondazione. Qualcuno lo ricorda?

    • Angela ha detto:

      Non posso ricordarla perchè ero piccolissima …ma me lo raccontava mia madre che abitava li alle casette di valle aurelia ( valle dell’inferno) ci fu l’inondazione e mia madre con altre persone salirono sul tetto della fornace e cosi ci salvammo…..poi dopo intervenne il comune e ci dette casa a villa gordiani sulla prenestina….

  7. Da sempre…diciamo dal 1400 e rotti in poi…le fornaci hanno retto anche all’apertura dell’olimpica ma non alla successiva urbanizzazione intensiva. Restano la Veschi, le case indicate dall’enciclopedico Andrea e il ponte ferroviario di fine ottocento a farci pensare a tempi andati.

  8. Grazie Andrea dei cenni storici. Rimarrà sempre la mia Valle anche se dell’inferno per me è stata un Paradiso!!!!!!!!!

  9. Io sono ‘originario’ di balduina..ricordo da ragazzino ci spingevamo a giocare verso quello che ora è il parco del Pineto entrata da via papiniano e si vedeva la vecchia storica Fornace che ancora resiste..e si andava a vedere le partite di terza categoria della Fornace nel campo li vicino in disuso ormai da tanti anni…quanti ricordi

  10. mauro Villafranchi ha detto:

    Io ho sempre abitato a P.zza Irnerio e dintorni, mi ricordo che negli anni 70′, io e gli amici entravamo in bicicletta dal pineto e scendevamo fino alla “valle dell’inferno”. Una volta, verso la metà degli anni 70, mentre salivamo Monte Ciocci ci siamo trovati davanti la troupe cinematografica che stava girando “brutti sporchi e cattivi” col grande Nino Manfredi

  11. sebastiani claudio ha detto:

    ricordo perfettamente quella inondazione del 1952 siamo fuggiti dal terrazzo della falegnameria Sebastiani è e abbiamo dormito per due giorni nelle capanne fatte di canne dei pastori di pecore . sono nato in quel posto e ho un ricordo di un prete che veniva tutti i sabati a dire messa proprio sotto una fornace , dopo la messa distibuiva tante cose utili attraverso una lotteria. Le botte che ho preso perchè dopo la scuola mi eclissavo su quelle colline a caccia di lucertole.

  12. Enrico De Simone ha detto:

    Purtroppo in pochi sanno il vero motivo del nome Valle dell’inferno… questo toponimo si trova già nelle carte topografiche di Roma del 1500, molto tempo prima dell’avvento delle fornaci. Per cui non sono state le fornaci a dare il nome alla valle (come molti credono) ma bensì la furia dei Lanzichenecchi che nel 1527 in questa valle fecero la strage delle povere (e poche) truppe pontificie poste a difesa di Roma. I Lanzi entrarono dalla Trionfale e discesero verso il Vaticano proprio da questa valle. Le cronache dell’epoca dicono che si trattò di un vero INFERNO. Una carneficina. Da quel momento fu chiamata Valle inferis.

  13. paolo verdeschi ha detto:

    La storia di valle inferis è molto interessante.Anche io andavo da bambino a giocare da quelle parti.Chi si ricorda che c’era un bunker di cemento armato sotto la pendice di monte ciocci?

    • Marco Vinicio ha detto:

      Io me lo ricordo, e non era uno era una rete di bunker, per noi entrare in alcuni particolarmente interrati era una sorta di prova di coraggio, accndevamo fuochi ( per le salsicce) mettevamo chiodi sui binari ecc. ecc. chi l’ha fatto sà di cosa parlo, un vero paradiso!!!!

  14. Rita ha detto:

    Valle dell’inferno, toponimo che traducevi con il più chi ” valle aurelia” con cui cercavi di distinguerti dal borghetto dei Fornaciari perché stavi verso l’olimpica .., lo sciaraballe o autino della ditta Bezziccheri & Fattori che aveva una concessione esclusiva per la tratta Valle dell’ inferno / piazza Risorgimento, per cui l’Atac non poteva istituire una linea propria, le fornaci accese che sfornano i mattoni e quelli di Veschi si distinguevano perché riportavano l’ effigie di una Madonnina, gli allagamenti per cui dall’olimpica alla valle ci voleva il canotto dei pompieri ad ogni pioggia perché le pompe arrivarono alla fine degli anni sessanta, le baracche alla base di Monte Ciocci che pochi sanno dove sia….le pecore sul monte e…. le mejo scivolarelle di noi ragazzini che di nascosto salivamo su Monte “Cioccio” e ci strappavamoo i vestiti sul sedere a furia di scivolare, consapevoli delle botte che avremmo preso al ritorno per aver disobbedito all’ ordine che ciascun genitore della Valle voleva imporre ai figli” nunt’azzardà a annà sul Monte che te pisto” …..e quando usciamo dalla Valle dicevamo ” Vado a Roma” pur essendo a qualche centinaio di metri dal Capolone che ognuno di noi vedeva dalle finestre di casa….e i campetti scavati nel monte di creta da preti di frontiera a meno di 2 km dalla sede della Curia…. mamma mia che ricordi può suscitare una foto.

  15. Giuseppe Veca ha detto:

    Anche io ho giocato in quel bunker. Sono nato e cresciuto in Valle Aurelia, e il cuore si riempie di emozione, nel sentir parlare di essa e vedere l’archivio storico fotografico.
    Quasi mi sento male a pensare al passato a come e cosa e sia stata quella parte di Roma per me.

  16. Angela ha detto:

    io ci sono nata li a valle aurelia e precisamente il 2 giugno del 1952….non posso ricordare l’inondazione perchè troppo piccola ma mia madre mio padre che abitavano li vicino alle fornace mi raccontavano sempre di come ci eravamo salvati. Mia madre si chiamava Benedetta Tiberia ,mio padre Masi Giudo, e mia nonna Masi Angela come me poi cerano le mie zie e uno zio…e i vicini di casa si chiamavano Paniconi Ottavia e Giovanni…..

  17. stefano ha detto:

    Ciao a tutti,sono Stefano Onorati (1955),e sono nato nella VALLE DELL’INFERNO,che era tutto tranne che inferno.Nonostante tutte le difficolta’ per me e’ il luogo piu’ fantastico e incredibile dove vivere.Un paese dentro la citta’.Io giocavo con la squadra della borgata e ogni domenica era una festa,tutti al campo a trascorrere 2/3 ore insieme tra tifo e braciate, li ricordo tutti:Pulcini Ferruccio,Pulcini Ascenzio detto l’acrobata, ,Eleonori Guido detto boccia,Vasselli,Martinelli ,Paolo Zanni,Patacconi er patacca , Frisoni er friso, Caucci , Bezziccheri , Cignitti , Penserini , Pennazzi , Centanni , Cardella,Prezioso er roscio ,Placidi ,Tesse, Maggi ,Barbanti ,Bianchi,Cereghino ,Buccino ,Bianchi ,Maurizio (detto Bocca) ,ER Paiuca, ER Tartaruga, ER compare Olivio, e poi Pietrino ,ER presidente MEI BRUNO e OSVALDO.Ricordo che i momenti piu’ belli erano i mesi estivi: ore 18,00 piazzetta difronte al bar di Mario Salvati, dove l’ autobus faceva capolinea e iniziava la partita piu’ lunga della storia(bisognava arrivare a 11 gol) ci volevano circa 2,30 sempre che il pallone non finiva nell’orto di PIETRO BESTIA detto bestia perche ce li bucava tutti. A volte alla partita partecipava anche ER FORMICA autista del bus,detto formica x la sua lentezza ,per arrivare a Piazza Risorgimento impiegava 30 minuti,a quel tempo di auto ce ne erano pochine in giro.

  18. Riccardo ha detto:

    Sto leggendo i post su questo luogo dove,anche io ho trascorso la mia infanzia (bellissima) ci si conosceva tutti…anche noi facevamo le escursioni tra i monti e le fornaci ormai in disuso,credo sia la parte di Roma più inesplorata ,e mi piacerebbe costituire un comitato per la memoria storica del posto..mi ricordo che con qualcuno di voi alle medie ci fu un prof che ci fece amare questa zona ,portandoci nei pressi e spiegandoci la formazione urbana e sociale del luogo …ciao ragazzi

  19. david ha detto:

    Che posto stramaledetto, Valle dell’Inferno di nome e di fatto; mi ha rovinato l’infanzia e l’adolescenza.
    L’infame piazzetta col capolinea, piena di perditempo a ciondolare davanti al baretto , di monnezza, di gentaglia.
    Avevano promesso di ripulire il borghetto ed invece hanno fatto peggio, così sono arrivati gli occupanti abusivi ed i rumeni .
    In tanti anni non sono mai andato oltre San Giuseppe per andare a messa,troppo pieno di feccia: come uscivi per fare un giro in bicicletta o per giocare a palla ti circondavano in tre quattro e ti prendevano a sassate.

    La via era piena di cani randagi che si aggiravano a gruppetti ed inseguivano i passanti. Almeno avessero cacciato i topi che infestavano la zona, macché…
    Per trovare un po’ di civiltà (per modo di dire ) dovevi percorrere quel budello di strada con i sampietrini sconnessi, e che al mattino ed alla sera era bloccata da un gregge di pecore, e che quando pioveva si trasformava in un fiume, per arrivare dove? alle “case popolari”! E queste all’inizio erano anche la zona di lusso, prima che costruissero quegli orribili palazzoni grigi tutti intorno alla villetta del “boss” del quartiere, ed il nuovo cavalcavia della ferrovia.

    Oppure bisognava salire per Via de Fabritiis, una specie di viottolo di montagna, tutto dossi e voragini, per approdare a Via Appiano a riveder le stelle!

    Che zona infame e miserabile! un girone dantesco, e c’è gente che la pensa con nostalgia, è proprio vero che l’essere umano si adatta a tutto.

  20. Vallurejano dal '68 con orgoglio ha detto:

    David, secondo me tu hai qualche probema nella testa. Fatti curare, dammi retta. Tu devi essere uno di quelli cresciuti nella bambagia che alla vita all’aperto, al senso d’avventura, ai giochi nei prati e anche al rischio perchè no, preferiscono i centri commerciali con le piante finte, la musica diffusa e i negozi con l’aria condizionata. Io ci sono cresciuto lì, e anche se qualche volta ho avuto a che fare con i tipi di cui parli tu, bastava menare qualche mazzata data bene e nessuno ti disturbava più, anzi con molti di loro io sono diventato amico in questo modo. E poi chi ti dà il diritto di inorridirti davanti alle “case popolari”? Tu dove abiti, all’Olgiata? La zona infame e miserabile sarà quella dove vivi tu, perchè ospita un soggetto come te.

  21. Mauro ha detto:

    Ciao a tutte/i. Qualcuno ha notizie sul crollo di una fornace avvenuto nel dopoguerra che causò la morte di alcuni occupanti delle case adiacenti ?

  22. Maurizio Manzin ha detto:

    Abitavamo alle “case di Ciardi”, costruite appena sopra la borgata, io e una dozzina di ragazzini miei coetanei. Erano palazzine costruite bene, in cortina, col servizio di portineria e i posti auto sotto i palazzi. Chi viveva in borgata ci vedeva come dei privilegiati, all’inizio, ma noi ci mettemmo poco a immergerci nei flussi di quel posto magico e senza tempo. Le partite interminabili a pallone, sull’asfalto, con i nostri giacchetti a fare da palo delle porte, e a nulla valse il nostro ’68, con le ingenue manifestazioni fuori il casotto dell’Ufficio Vendite per avere un campetto di terra spianata dove giocare a pallone, e allora “Volemo er campo, oh, oh, oh!” urlato a squarciagola!
    Il campo non lo avemmo mai, e molti di noi finirono poche centinaia di metri più in là, a giocare con la “Polisportiva Valle Aurelia”, foraggiata dal PCI, o con la sua alter ego, la “Libertas Valle Aurelia”, di marca DC (Don Camillo e Peppone non esistevano solo sui romanzi), società che si spartivano il bel campo di calcio del quartiere, dove venivano spesso a giocare un appesantito Dino Da Costa e Pier Paolo Pasolini, che aveva la maglia numero 10 ma sfoggiava la tigna del mediano. La “Valle dell’Inferno” fu messa in piedi dopo, giusto il tempo di lasciare il segno nei campionati dilettanti e di essere radiata dal calcio dopo una memorabile finale che si trasformò presto in una disfida a colpi proibiti contro l'”Airone Ardea”: dalle sue ceneri nacque “La Fornace”, ma fu un pallido clone di quell’esperienza leggendaria.
    I ricordi si affastellano, come in un giroscopio impazzito: le scuole elementari alle casette prefabbricate, la Maestra, Signora Lori (“Smettetela, o di voi farò polpette!”), la Prima Comunione nella chiesetta di San Giuseppe Cottolengo, le reprimende di Don Vittorio, le prime cotte e i primi amorazzi, il primo bacio a Monte Ciocci, vicino alla ferrovia, i gelati rubati a Lidia, che aveva il bar sotto casa nostra (“Pronto, Algida, potete portarmi qualche confezione di Camillino, che vanno via come l’acqua?”), la cartoleria delle bellissime sorelle Bertè, per le quali rischiammo la cecità…
    Un’infanzia piena, libera, totale.
    Felice.
    Che quando ci penso devo fermarmi un attimo.
    E’ un assalto al cuore.

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