Santa Maria Antiqua, la Rampa Imperiale e l’Oratorio dei quaranta martiri
Nel 1899 il foro romano era stato completamente scavato: mancava solo una porzione, risparmiata dalle indagini per la presenza di una chiesa seicentesca, sorta al di sopra di 9 metri di interro: s.Maria Liberatrice.
L’archeologo Giacomo Boni decise, tra mille polemiche, di smantellare la chiesa per proseguire gli scavi: studi fatti gli permettevano di affermare che “perderemo una delle tante chiese barocche di Roma,ma troveremo la più antica chiesa del foro”, ed ebbe ragione: al di sotto di s.Maria Liberatrice e del retrostante giardino emersero, tra gennaio e febbraio del 1900, le strutture di età romana che, nel corso del VI secolo d.C, furono trasformate nel luogo di culto più antico della zona centrale di Roma, insieme alla basilica dei ss.Cosma e Damiano: venne alla luce s.Maria Antiqua.
La chiesa sorse nella prima metà del VI secolo all’interno di un quadriportico di età domizianea, che fu trasformato con l’aggiunta dell’abside e una copertura in una vera e propria chiesa “palatina” collegata alle dimore imperiali ancora utilizzate dai funzionari bizantini, dagli imperatori di passaggio da Costantinopoli e perfino da alcuni papi, come residenza ufficiale.
La sua posizione, nel cuore della Roma antica, la rese importantissima e molti pontefici la vollero decorare e affrescare.
Restano cicli di affreschi datati al VI secolo (nella parete a destra dell’abside è presente un vero e proprio palinsesto di pitture,sviluppato su vari strati, il più antico dei quali raffigura una madonna in trono con bambino, assimilabile a una regina bizantina), al VII,all’VIII (notevole la fase attribuita al pontefice Giovanni VII, sia nel presbiterio, che nella navata destra e nella piccola cappella dei ss.Medici, e quella realizzata sotto Zaccaria I, nella cappella laterale sinistra dedicata ai santi Quirico e Giulitta)e al IX secolo, poco prima dell’abbandono (pitture dell’epoca di papa Paolo I nella navata laterale sinistra e nell’abside).
Nell’847 la chiesa venne infatti travolta da un terremoto e nei secoli successivi se ne perse memoria, fino alla riscoperta nel 1900.
Il culto della vergine fu trasferito, insieme all’antica icona salvata dal terremoto, in un sito poco lontano, dove sorse la chiesa di s.Maria Nova.
L’oblio millenario permise di conservare centinaia di metri quadrati di dipinti, testimonianza rarissima della pittura altomedievale a Roma, che furono effettuati per lo più da maestranze greche e orientali, soprattutto in un periodo, l’VIII e il IX secolo, in cui la raffigurazione di soggetti sacri era proibita in Oriente a causa dell’iconoclastia-furore contro le immagini religiose-ma incoraggiata invece dalla chiesa occidentale.
Notevole inoltre il pavimento pre-cosmatesco datato al VI-VII secolo nella zona del presbiterio, assimilabile a quello della chiesa inferiore di s.Clemente.
Lo scavo di Boni restitutì anche diversi pregevoli sarcofagi di II e III secolo d.C, che nell’altomedioevo furono prelevati dalla via Appia e riutilizzati per i funzionari pontifici che desideravano essere seppelliti in s.Maria Antiqua, al di sotto del pavimento, e nell’atrio antistante.
Nei pressi di s.Maria Antiqua fu rinvenuto infine dal Boni un edificio quadrangolare di età domizianea, anch’esso trasformato in senso cristiano nel corso del VI secolo e dedicato ai 40 martiri di Sebaste cui si riferisce un interessante affresco nell’abside, e una monumentale rampa coperta che collegava direttamente questi edifici del foro alla sommità del palatino. Contestualmente fu scoperta anche l’antichissima fonte di Giuturna, nei pressi del tempio dei Castori.
Dopo un lunghissimo periodo di chiusura dal dopoguerra in poi, finalmente il complesso di s.Maria Antiqua fu riaperto al pubblico già in corso dei restauri, per un breve lasso di tempo, nel 2012, e poi definitivamente nel 2014.
Gli affreschi delicatissimi permettono una fruizione limitata, il sito è visitabile solo due ore al giorno.
Fotografie scattate durante le visite guidate di Roma Sparita da Massimo Meli, Greeny Sonlu, Fabio Costa, Irene Isopi, Nuccia Conforti
Testo a cura della dott.ssa Lucia Prandi
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