7 ottobre 1943 – La deportazione dei Carabinieri romani nei Lager nazisti
“C’è una domanda che mi sono sempre posto. Io avevo 15 anni nell’ottobre del 1943 e mi ricordo che si diceva a Roma, circolava voce che i carabinieri fossero stati disarmati e deportati. Però nessuno sapeva niente di preciso. Poi si è saputo che erano stati deportati… però non se ne è mai parlato, non si onora la loro memoria, non si ascoltano le loro testimonianze… e io mi chiedo perchè.”
Il Ghetto si scalda alla luce di una splendida giornata di sole, degna delle migliori ottobrate romane, mentre Piero Terracina parla davanti alla telecamera. Pausa. Già, perchè? Si sa, ma non se ne parla. Piero ha insistito per far arrivare in televisione il suo appello ed ha ragione. Non è certo un evento storico secondario. Ma la sua domanda resta sospesa mentre col collega telecineoperatore Stefano Leonardi scegliamo i punti per le prossime interviste.
Cominciamo con un breve riassunto.
I nazisti hanno già deciso la deportazione degli ebrei di Roma. Ma come attuarla? La tattica è nelle mani di Kappler. Roma si dimostra da subito città difficile. Il Ghetto è abbastanza vicino al Vaticano, si appoggia ad un lungotevere piuttosto animato, confina con piazza Argentina, in pochi minuti si arriva al Campidoglio. Quanti uomini servono per la deportazione? Troppi, e i tedeschi non possono certo richiamare militari dal fronte. Poi ci sono i carabinieri, ben ottomila. Hanno giurato fedeltà al re e anche se il re è fuggito non vengono meno al loro giuramento che è non verso l’uomo ma verso il capo dello stato. Non vogliono schierarsi col nuovo regime repubblicano ma “solo” svolgere funzioni di polizia. E poi: non sono stati loro ad arrestare Mussolini? Non è stato necessario ingannarli per poter liberare il duce? Inoltre hanno combattuto contro i tedeschi nella prima disperata resistenza per salvare Roma dall’occupazione, hanno combattuto contro i tedeschi a Napoli, assieme alla popolazione. Effettuare la razzia nel Ghetto con ottomila “infidi” carabinieri, che potrebbero anche reagire, sarebbe un azzardo. Kappler chiede e ottiene che siano disarmati e trasferiti.
Graziani emette il suo ordine il 6 ottobre. Si dice che tutti gli ottomila carabinieri di Roma debbano andare a prestare servizio…..a Zara! “Grazie a notizie fatte trapelare nella notte il piano di disarmo non ebbe il successo che speravano i tedeschi. -dice il colonnello Giancarlo Barbonetti, capo dell’Ufficio Storico dell’Arma dei Carabinieri- La maggior parte dei carabinieri fu catturata nelle grandi caserme della capitale, ma nelle situazioni locali molti si diedero alla macchia.”
I dati sono ancora oggi, a 65 anni di stanza, incredibilmente incerti, segno di quanto poco questa deportazione sia stata studiata. Da segnalare subito il nuovo dettagliato libro di Anna Maria Casavola intitolato appunto: “7 ottobre 1943. La deportazione dei Carabinieri romani nei Lager nazisti”.
Quel 7 ottobre, secondo i documenti degli archivi tedeschi, circa 2.500 carabinieri vengono intrappolati nelle caserme romane. Ricevono l’ordine di consegnare le armi. I tedeschi, tenendoli sempre sotto il tiro dei loro mitra, li caricano prima su dei camion e poi su dei vagoni-bestiame. Destinazione: i campi di concentramento in Germania e in Polonia. Ma gli altri scappano, circa 6.000 carabinieri si danno alla macchia. “Da quel momento – dice il colonnello Barbonetti – tecnicamente erano dei latitanti. Molti avevano portato via le loro armi. Erano esperti ed addestrati. Erano benvoluti dalla popolazione. Dopo un primo momento di sbandamento, cominciarono ad organizzarsi ed entrarono nelle formazioni della resistenza dando un notevole contributo anche agli alleati con attività di sabotaggio e di informazione sugli obiettivi militari da colpire.” Il generale Filippo Caruso diventa l’ideatore e l’organizzatore del Fronte Militare Clandestino dei Carabinieri (medaglia d’oro della resistenza).
Intanto, quelli catturati compiono il loro viaggio prigionieri della macchina industriale di deportazione ideata dal Terzo Reich. “Un vagone bestiame: 6 cavalli o 40 uomini. Noi ci misero in 40 dentro ogni vagone e poi lo piombarono.” dice Abramo Rossi, uno dei deportati, carabiniere in congedo col titolo onorifico di sottotenente. Si guarda attorno. Alle sue spalle i turisti sciamano nel Portico d’Ottavia abbagliati da quella che credono sia una imprevista giornata d’estate. Abramo Rossi è preoccupato per la telecamera. Ha paura di non essere abbastanza tranquillo, di non fare una bella figura. Chiede se ai giovani importerà ancora qualcosa di questa storia. In realtà, lui parla bene ed è tranquillo.Per quel che riguarda i giovani… beh, proviamo intanto a raccontargliela. “Per fare i bisogni corporali ci hanno fatto scendere a Bologna. Oggi c’è una lapide che ricorda il nostro passaggio. Ci hanno preso con l’inganno. E’ stato un tranello. Anche i nostri ufficiali sono stati ingannati”.
I carabinieri deportati hanno un destino parallelo a quello dei seicentomila militari italiani finiti nei lager nazisti. Le SS insistono nel proporre loro un patto: liberi subito, ritorno in Italia dalla loro famiglie se firmano per arruolarsi nelle forze della Repubblica Sociale Italiana. “O anche direttamente in quelle del Terzo Reich – dice Abramo Rossi – E mentre attendevano la nostra risposta, per umiliarci e piegare la nostra volontà ci costringevano a stare distesi per terra, con tutto il corpo, e con la faccia rivolta verso terra. Così per tanto tempo, ore ed ore. Ma noi abbiamo detto: no. Noi abbiamo giurato fedeltà al re, anche se è scappato. E poi i tedeschi stanno occupando l’Italia.”
Anche i carabinieri deportati entrano a far parte di quella resistenza silenziosa dei militari italiani che, per fortuna, è ora più conosciuta anche dal largo pubblico.
“La vita nel campo era durissima. Ci sono stati molti morti. Si lavorava 12 ore al giorno e ci volevano due ore di marcia per raggiungere il punto in cui dovevamo lavorare. Nella baracca ci davano 3 etti di pane al giorno per 3 persone. Dovevamo dividerlo ed eravamo molto ligi: quello che tagliava doveva stare molto attento a fare le fette uguali, perchè a lui spettava l’ultima.” Molti morirono per la fame, le malattie e la fatica, ma anche perchè assassinati a sangue freddo dai carcerieri nazisti. Molte le vittime anche tra i carabinieri entrati nella resistenza, basti ricordare i 12 che stanno fra i martiri delle Fosse Ardeatine.
“Ricordiamo il caso del vicebrigadiere Angelo Joppi – dice il colonnello Barbonetti – che fu catturato, portato a via Tasso e torturato per ben 28 volte nel corso di due mesi. Non morì semplicemente perchè i suoi aguzzini scapparono all’arrivo degli americani a Roma”.
Una foto mostra le condizioni del carabiniere-resistente Angelo Joppi al momento della liberazione.
Sono passati 65 anni ed ha ragione Piero Terracina: ma perchè non ne abbiamo mai parlato. Ora la storia della deportazione dal Ghetto del 16 ottobre appare più completa. Prima vengono “eliminati” tutti i carabinieri da Roma, poi si possono colpire gli ebrei. La prima deportazione, quella 7 ottobre, è la premessa tattica dei nazisti per la seconda deportazione del 16. “Si, ma perchè, perchè non ne abbiamo parlato per 65 anni? -insiste Piero Terracina- Io vorrei avere una risposta. Perchè?”.
(Articolo originale in questo link: http://passatopresente.blog.rai.it/2008/10/10/ottobre-1943-deportate-tutti-i-carabinieri/)
Perché essere accondiscendente con gli ebrei può gioire a qualcuno
Abitavo nel Viale Trastevere sotto i platani c’erano i carri armati tedeschi nessuno ha una foto?
Perché i giornalai di questo si tratta no di una stampa trasparente ha preferito parlare solo di un tipo di perseguzioni Xchè fa comodo
Io sapevo che la deportazione dei carabinieri era stata solo paventata e mai realizzata (perchè armati e perchè in parte decimati dall’occupazione), meno male che qualcuno ricorda cio che è avvenuto
Mio padre, Eugenio, Brigadiere dei CC.RR., Comandante della Stazione di Stienta (RO), in quel tempo entro il confine della Repubblica di Salò, fatto spogliare della divisa d’ordinanza, fu sollevato e sostituito nell’incarico nella notte, da un graduato repubblichino presentatosi alla caserma insieme a commilitoni e militari tedeschi tutti armati e minacciosi. Fu avviato immediatamente ad un campo di concentramento in Germania. Fu liberato dagli alleati 11 mesi dopo.
L’editto Graziani ebbe esiti anche per i Carabinieri che si trovarono ad operare nei territori divenuti Repubblica Sociale. Mio padre, Eugenio, Brigadiere dei CC.RR., Comandante della Stazione di Stienta (RO), una notte, venne esautorato da un reparto misto di militi fascisti e militari tedeschi, sostituito nel comando da un graduato repubblichino, prelevato e immediatamente avviato ad un campo di concentramento in Germania. Alla richiesta di spiegazioni un graduato tedesco rispose: Carabinieri luki luki : non so come si scrive, ma significava guardano troppo, così ci spiegarono poi.
Gradirei conoscere i motivi per i quali non si è mai parlato della deportazione dei carabinieri di Roma, a chi interessa non far emergere tali fatti???
Tra tante testimonianze, ricordo mio padre: il carabiniere Amerino Nardi che, come recitava il rapporto di anni nell’Arma, “sfuggiva alla cattura dell’esercito tedesco per consegnarsi presso le brigate partigiana sotto il comando del Generale Caruso”. In effetti mio padre non accettò l’ordine di disarmarsi. Un carabiniere non poteva eseguire un ordine di questo tipo, con un esercito invasore in casa. Questo atto d’imperio gli salvò la vita. Dopo un anno e mezzo di continue fughe, paure, tensioni, arrivò l’esercito degli Stati Uniti a ridarci la libertà perduta. Mi chiedo però il motivo per cui l’Arma dei carabinieri non ricordi con sufficiente forza questo evento. Al presidente della repubblica ho chiesto per mio padre un’onorificenza, puramente ideale, per ricordare il gran rifiuto suo e quello di altri carabinieri. Questo perché rimanga nella memoria delle giovani generazioni. Dopo anni di richieste non ho mai ricevuto una risposta esauriente. Evidentemente le massime istituzioni dello Stato vogliono commemorare i carabinieri solo per il martirio, oppure ricordare quegli anni solo per evidenziare l’ignavia dei romani. Questa ultima credenza sottilmente diffusa in Italia non fu vera. E molte testimonianze contrarie ricordo e potrebbero essere riportate. Anche se, oramai, rischiano di perdersi definitivamente.
Ma non è pervenuta nessuna risposta ma comè? forse non interessa
grazie.
Ogni risposta è inutile. Mio padre si salvò dalla deportazione dei CC per “merito” di un acquazzone, entro’ nella banda partigiana del Gen. CC Va e lo rividi il 5 giugno 1944 con gli alleati a Roma. È decorato al valor militare, ma molti suoi colleghi sono rimasti o in Germania o alle Fosse Ardeatine. Vengono sempre ricordati e giustamente il sacrificio di Israele, a malapena le foibe, ma alcune migliaia di carabinieri morti sono completamente ignorati.
Per me è significativo il fatto che dal 2013 a oggi ci siano solo 10 risposte. L’Arma è sempre stata una spina nel fianco delle destre fasciste che collaborarono alla deportazione e delle sinistre che aspiravano a trascinare l’Italia sotto l’Unione Sovietica. Oggi poi assistiamo a un decadimento culturale senza limiti, pochi giorni fa il presidente dell’Ordine dei medici di famiglia ha dichiarato in trasmissione della RAI TV che le barzellette sui carabinieri sono vere.
I politici poi sono occupati a raccogliere voti. Quindi contentiamoci delle poche risposte qui riportate, anche perché quasi tutte le persone che potrebbero partecipare non ci sono più.
Buonasera, mio padre deceduto all’età di 101 anni il 26 aprile scorso fu tra i Carabinieri deportati dai nazisti e che furono catturati e disarmati alla Legione Allievi il 7 ottobre 1943. Negli anni non ha mai dimenticato quel triste periodo e ha sempre raccontato a noi figli la sua odissea nei campi di lavoro forzato in Austria. Credo che fosse uno degli ultimi Carabinieri sopravvissuti ed ancora viventi, ed ora con lui oltre che un padre se ne va un pezzo di memoria di questa Nazione… ed il vuoto è immenso
ai politici questa Storia non è mai interessata…purtroppo
Sig.ra D’Anna. me interessa, perché io ho conosciuto suo padre. Il mio il 7 ottobre 43 ha corso lo stesso rischio, ma si è salvato per caso (legga mio messaggio precedente). Aveva 17 anni in più del suo ed era già maresciallo capo. Il suo papà era un giovane carabiniere e frequentava la mia famiglia. Alla fine della guerra un giorno si è presentato a casa un signore molto mal ridotto e a mia madre che stava per richiudere la porta (me presente) ha detto :… ma io sono D’Anna appena tornato dalla prigionia. Circa 15 anni fa (?) mi aveva rintracciato, sapendo che ero professore di fisica alla Sapienza ma sul momento purtroppo non mi sono ricordato (allora avevo 9 anni). Il suo commento mi ha “aperto” la memoria..
Ricordiamo I nostri carabinieri, e non come (forse solo alcuni) sono adesso. Saluti.
Gentile Signor Smriglio, si ricordo che mio padre parlava del suo, forse erano compaesani. Mi fa piacere il suo ricordo di papà e ora mi viene in mente che egli lo aveva rintracciato, mi disse di Lei che era uno scienziato e gli avrebbe fatto piacere incontrarLa: Certamente i Carabinieri come i nostri padri che hanno servito l’Arma e l’Italia con onore a rischio della propria vita non vanno dimenticat.. Se mi volesse contattare può chiedere il mio numero alla redazione della rivista “Roma Sparita” o tramite Facebook, cordiali saluti Bina D’Anna
nessuno ha mai pensato di fare un film su questa triste pagina di Storia poco conosciuta?
Finalmente alla Rai tv in occasione giornata della memoria ho visto un servizio in cui in un’intervista ad un ufficiale dell’Arma dei carabinieri è stato ricordato il sacrificio di circa 2 500 carabinieri di Roma avvenuto una settimana prima della deportazione degli ebrei romani. Io, in quanto figlio di un carabiniere, sfuggito per un vero miracolo all’evento e unitosi poi al gruppo partigiano di resistenza dei CC del generale Caruso, l’avrei fatto meglio. L’ufficiale intervistato che allora non era nato si è limitato alle solite brevi frasi ormai note. Nemmeno un cenno ai motivi storici dell’eroico comportamento dei carabinieri che in effetti segnò l ‘anteprima dell’ olocausto. I motivi? La partecipazione dei cc alle 4 giornate di Napoli, la resistenza a San Paolo in Roma, l’arresto di mussolini, Salvo D’acquisto… Almeno gli ufficiali dell’Arma potrebbero studiare la storia del contributo di eroi che dato a quella che allora si chiamava Patria e non Paese
NESSUN TELEGIORNALE HA RICORDATO OGGI QUESTA DATA: 7 OTTOBRE 1943
mio padre GABRIELI FERNANDO vivo è stato deportato il 7 ottobre del 1943 prelevato dai nazisti nella caserma di Viale Giulio Cesare a Roma. Aveva 18 anni e prestava servizio militare presso la scuola allievi carabinieri. La sua è una storia degna di un romanzo tragico ma con un lieto fine.
Non è stato mai intervistato ma nei suoi racconti (è ancora vivo, classe 1924) traspare la delusione per l’omertà che ha caratterizzato questa importante pagina di storia.
OGGI GRAZIE A VOI HO CONOSCIUTO UNA PAGINA DI STORIA COMMOVENTE E DEGNA DI ESSERE RICORDATA. NON NE AVEVO MAI SENTITO PARLARE, EPPURE E’ NOTEVOLE E DEGNA DI RICORDO PER IL GRANDE CORAGGIO E DEVOZIONE ALLA PATRIA. PARLATENE E PARLATENE ANCORA E ANCORA. GENTE COME ME, ARRIVA A LEGGERVI QUASI PER CASO QUINDI NON SCORAGGIATEVI. PER QUEL CHE MI RIGUARDA NE PARLERO’ OGNI VOLTA CHE NE AVRO’ OCCASIONE CON CHI AMA ASCOLTARE STORIE DI CORAGGIO E DEDIZIONE ALLA PATRIA, NEL MIO PICCOLO MONDO NATURALMENTE, IO NON SONO NESSUNO, MA QUALCHE TEMPO FA PER ANDARE AL LAVORO A PIEDI, HO ATTRAVERSATO IL CIMITERO DEL VERANO E CON MIA SORPRESA E COMMOZIONE SONO PASSATA DAVANTI A TUTTE LE TOMBE DEI VARI CORPI DI ARMA DELL’ESERCITO OLTRE CHE AI CARABINIERI, MI SONO COMMOSSA TANTISSIMO E HO PREGATO PER LORO PERCHE’ TUTTE QUELLE VITE SONO RICORDATE SEMPRE TROPPO POCO, SE NON NEL VALORE E NEI RICORDI DEI PROPRI CARI E PER POCHE COMMEMORAZIONI QUASI PIU’ PER OBBLIGO ISTITUZIONALE CHE ALTRO, MI SONO SOFFERMATA A LEGGERE LE TARGHE E HO CONOSCIUTO COSE E STORIE CHE NON CONOSCEVO, INOLTRE SONO RIMASTA A PREGARE PER TUTTE QUELLE CROCI CON UN SEMPLICE NOME E COGNOME (A VOLTE NEPPURE QUELLE) DEI SOLDATI SEMPLICI O CIVILI MORTI PER LA PATRIA, CON OGNUNA UNA STORIA EROICA DIETRO, OGNI CROCE AVEVA UNA PICCOLA CIOTOLA DAVANTI , ORAMAI CON SQUARCI TALMENTE GRANDI CHE ERANO PIU’ PEZZI DI LATTA CHE VERE CIOTOLE, COSì NEMMENO è POSSIBILE PORGERE UN FIORE AL SUO INTERNO CON UN PO D’ACQUA! CREDO CHE LA SALVAGUARDIA DELLE LORO CENERI ANCHE SOLO PER SOSTITUIRE QUESTE CIOTOLE TUTTE UGUALI E TUTTE ORAMAI INUTILI ALLO SCOPO DOVREBBE ESSERE SACRO SANTO! A MOLTI DI QUESTI CADUTI PER LA PATRIA (MILITARI DI OGNI GENERE E CIVILI) SAPPIATE CHE MOLTA GENTE LASCIA FIORI A TERRA DAVANI LE LORO CROCI. SEMBRERA’ SICURAMENTE POCO, MA LA SENSIBILITA’ E UNA PREGHIERA PER TUTTI LORO CHE HANNO PATITO SOFFERENZE CHE LA NOSTRA GENERAZIONE NON HA MAI CONOSCIUTO., E’ GRANDE PER MOLTI, E L A MIA NON GLI MANCHERA’ MAI. GRAZIE ANCORA PER AVERLA CONDIVISA.
Sig Gabrielli, anche mio padre Benedetto D’Anna fu prelevato dalla Legione Allievi il 7 ottobre 1943, era del 1918 forse suo padre lo conosceva.. Mi auguro suo padre sia ancora in vita e che magari possa avere qualche ricordo del mio
Gentilissima Signora Giulia, il suo commento mi ha riscaldato il cuore, e mi ricambia di tutti quelli che non sono mai arrivati. È storia della prima metà del secolo scorso. Mio padre è uno di quelli che si è salvato dalla deportazione dei CC il 7 ottobre 1943 a causa di un temporale fortissimo che gli ha impedito di recarsi in caserma, mentre per esempio il padre della amica signora Bina (17 anni di meno) era nella stessa caserma e non si è salvato. Per fortuna è tornato vivo. Le voglio raccontare due fatti di quei giorni. Quando i paradutisti tedeschi nella notte tra il 6 e il 7 ottobre 1943 hanno invaso la caserma in via Giulio Cesare alcuni allievi carabinieri si stavano calando dalla finestra col metodo delle lenzuola annodate, alcuni cittadini fascisti hanno avvisato i tedeschi. Nello stesso tempo un gerarca fascista ha salvato una quindicina di carabinieri (tra cui appunto mio padre) in una sua cantina sotterranea. Dopo pochi giorni il gruppo si univa al gruppo di resistenza del Generale Caruso con gli americani. Dopo pochi mesi mio padre gli ha ricambiato il favore” salvandolo dagli alleati che lo avevano arrestato. Storie così ne ho a decine, la. le persone a cui possono interessare sono sicuramente di meno. Noi la ringraziamo tanto Signora Giulia, ma ormai è storia lontana. Quello che non capisco non è il fatto che non se ne parla abbastanza. ma che non se ne parli nemmeno sui libri di storia…in fondo sono avvenuti più di 80 anni fa. Forse a qualcuno può dare fastidio?