I Tetti di Roma

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“La forma vera della città è in questo sali e scendi di tetti, tegole vecchie e nuove, coppi ed embrici, comignoli esili o tarchiati, pergole di cannucce e tettoie d’eternit ondulata, ringhiere, balaustre, pilastrini che reggono vasi, serbatoi d’acqua in lamiera, abbaini, lucernari di vetro, e su ogni cosa s’innalza l’alberature delle antenne televisive, dritte o storte, smaltate o arrugginite, in modelli di generazioni successive, variamente ramificate e cornute e schermate, ma tutte magre come scheletri e inquietanti come totem. Separati da golfi di vuoto irregolari e frastagliati, si fronteggiano terrazzi proletari con corde per i panni stesi e pomodori piantati in catini di zinco; terrazzi residenziali con spalliere di rampicanti su tralicci di legno, mobili da giardino in ghisa verniciata di bianco, tendoni arrotolabili; campanili con la loggia campanaria scampanante; frontoni di palazzi pubblici di fronte e di profilo; attici e superattici, sopraelevamenti abusivi e impunibili; impalcature in tubi metallici di costruzioni in corso o rimaste a mezzo; finestroni con tendaggi e finestrini di gabinetti; muri color ocra e color siena; muri color muffa dalle cui crepe cespi d’erba riversano il loro pendulo fogliame; colonne d’ascensori; torri con bifore e con trifore; guglie di chiese con madonne; statue di cavalli e quadrighe; magioni decadute a tuguri, tuguri ristrutturati a garçonnières; e cupole che tondeggiano sul cielo in ogni direzione e a ogni distanza come a confermare l’essenza femminile, giunonica della città: cupole bianche o rosa o viola a seconda dell’ora e della luce, venate di nervature, culminanti in lanterne sormontante da altre cupole più piccole”

Italo Calvino
Palomar, 1983

 

Dipinto: i tetti di Roma di Mario Mafai

Una risposta

  1. È vero… Roma, vista dai suoi tetti è la quarta dimensione… la quinta è la sua eternità…

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