Molini sul Tevere


Per quanto robustamente ancorati alla riva, i molini galleggianti sul Tevere erano soggetti alla minaccia delle alluvioni.
Già nel 1557 e 1558, l’anno quest’ultimo della terribie piena che spezzò Ponte Emilio (Ponte Rotto), la furia della corrente strappò dagli ancoraggi trascinò via alcuni molini.
Anche se riuscivano a resistere alla corrente, i molini erano dannosi soprattutto per le “conocchie”, le palizzate cioè messe nel fiume per convogliare maggior acqua verso la ruota.
In un racconto del Cialdi relativo alla piena del 4 novembre 1884, che non fu certo tra le peggiori dell’800, la corrente strappò dagli ormeggi un molino ancorato sulla sinistra del Tevere, all’altezza di Ponte Rotto, presso via di Portaleone (al Velabro) che in gran numero si trovavanoe per miracolo non investì i bastimenti che in gran numero si trovavano nel porto di Ripa Grande, nè una barca a vapore ormeggiata presso l’Arsenale, bensì, arrivando a oltre 50 metri dal vapore, venne ad urtare al parapetto del gran muraglione che forma argine allo stabilimento delo squaglio del sevo, ivbi slogò e ruppe quattro grandi lastroni di travertino dello stesso parapetto, spezzò altre opere d’arte annesse al muraglione.
Altri rischi rappresentavano per quei romani, in verità non molti, che osavano prendere confidenza col fiume.
il 23 maggio 1706 all’ambasciatore della Repubblica di Venezia, fu regalata una gondola, i suoi servitori decisero di provarla ma…il Tevere non è una laguna, furono travolti dalla corrente, fortunatamente ne uscirono indenni.
Per la festa di San Bartolomeo, il 24 agosto, nel’omonima chiesa dell’isola c’era gran festa, a quell’epoca, per paura della malaria, nessuno lasciava la città e la festa vedeva gran concorso di popolo. Sul sagrato c’erano le bancarelle per la festa del cocomero, era usanza acquistarli e gettarli nel fiume, i monelli erano pronti a tuffarsi per prenderli, capitava che la corrente trascinasse i cocomeri verso i molini e talvolta finiva in tragedia, fu così, come altre usanze romane, anche questa fu abolita.
Crescenzo Del Monte,in un sonetto giudiaco romano intitolato “Alluvione”, che porta la data del 18 dicembre 1915 ma riporta certo un vecchio racconto tramandato di quel ghetto così vicino a fiume,scrisse:
La mola ? Fu una notte de terore!
La fiumana ‘a strappò in men d’un minuto.
E bùuum…! i a sbatte a ponte! aah chi gelore!!
e tre omini che erano serati
chi terone a sentilli: aiutooo… aiutooo…
fintanto che non furono sarvati…
I molini scompaiono dopo la piena del dicembre 1870

Tratto da Tascabili Economici Newton
Immagine del 1836
Autore Antonio Acquaroni

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