Er pranzo de le minente
Mo ssenti er pranzo mio. Ris’e piselli,
allesso de vaccina e gallinaccio,
garofalato, trippa, stufataccio,
e un spido de sarcicce e ffeghetelli.
Poi fritto de carciofoli e ggranelli,
certi ggnocchi da facce er peccataccio,
‘na pizza aricresciuta de lo spaccio,
e un’agreddorce de ciggnale e ucelli.
Ce funno peperoni sott’aceto,
salame, mortadella e casciofiore,
vino de tuttopasto e vvin d’Orivieto.
Eppoi risorio der perfett’amore,
caffè e ciammelle: e tt’ho llassato arreto
certe radisce da slargatte er core.
Bbè, cche importò er trattore?
Cor vitturino che mmagnò con noi,
manco un quartin per omo: e cche cce vôi?
Minenti: A Roma, nei primi anni dell’ Ottocento, erano chiamati “minenti” quei popolani agiati, ovvero artigiani, carrettieri, operai, divenuti discretamente benestanti grazie ai proventi dei loro mestieri. Il raggiunto benessere economico era volutamente ostentato, in special modo dalle loro mogli, attraverso un modo di vestire vistoso e sfarzoso.
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Lorenzo Bove ecco che ti faccio mangiare.. tanto pe sta leggero ???
Perché mi vuoi male? PERCHE’?!!?!?!?!?!?!?!?
Amo la mia città, ma ho qualche problema con la cucina tradizionale
Da notare
Er mejo amico lo porta in tasca ?
In saccoccia… ?
Aggiungi una strofa:
“””
Pero’ se vie’ il grillino
Statte accorto
Te caccia via
Pe’ magna’ da solo!
Anche per questo l’età media era assai bassa a quell’epoca!
Il quadro è bellissimo: lo sguardo rivolto al pittore come se stesse facendo una fotografia invece di dipingere. Minaccioso, con una punta però di distaccato e rispettoso compiacimento. La forchetta tenuta quasi come avvertimento. Dietro, gli “avvocati” in “pausa pranzo” sorridono: fa un certo effetto veder sorridere dei volti di metà ‘800 riprodotti allora.