DEMOLIZIONE
Non sono mai riuscito a fare un acquisto presso un autodemolitore. C’ho provato, forse
tre, quattro volte in tutta la mia vita di cinquantenne. E tre, quattro volte per questo
genere di attività non sono poche. Sempre a secco. Inizio da via Palmiro Togliatti lato
via Casilina, mi affaccio agli ingressi disposti uno appresso all’altro, con lo scooter,
alcune volte non serve scendere e spegnere il motore perché c’è sempre qualcuno che
viene incontro e mi dice ciao, allora io dico quello che sto cercando e loro, sempre, mi
rispondono che non ce l’hanno. Certe altre volte se all’ingresso non c’è nessuno devo
spegnere la moto e avviarmi tra le carcasse delle macchine e la puzza di olio e di ferro
impolverato fino a quando non appare qualcuno che mi dice ciao. Dato che ci sono
sempre stato nelle tarde ore della mattina, posso dire che nessuno mi ha mai detto buon
giorno, anche se io per primo ho esordito sempre con buongiorno, ne avrò ascoltati una
ventina, loro al mio buongiorno hanno risposto sempre con ciao. Non si impiega molto
a capire perché non dicono buongiorno, non credo si tratti di mancanza di educazione,
non solo almeno, io mi sono convinto che si tratta di coerenza e intelligenza istintiva.
Allora dicevo, mi faccio coraggio e avanzo e faccio quella che sarà la mia inutile
richiesta. Addentrarsi tra le muraglie di auto accatastate, mi mette sempre in soggezione.
Se non c’è il solito cane spelacchiato nutrito a pane e acqua (la cui presenza certo non
rassicura, ma del resto è lì proprio per quello scopo) a presidiare il breve vialetto unto e
puntellato da grattacieli di telai d’auto, copertoni e sportelli, ad agitare l’incedere
dell’avventore è l’idea di inutilità che quell’inferno di ferraglia procura con il corredo di
personaggi sfaccendati o indaffarati che si parano davanti. È la messa in scena di una
catastrofe, a molti di noi non sarà mancata un’occasione per conoscerla, e quando ce la
troviamo davanti la scopriamo affascinante e ripugnante contemporaneamente.
Quell’assoluta potenza estetica fatta di cose solo destrutturate che non lasciano un
millimetro libero a nient’altro che non sia rotto, è un contrasto micidiale e incompatibile
con tutto il resto della città, che si è preoccupata e rassicurata con rituali collettivi
omologanti dettati da tutto il possibile che i mezzi di socializzazione contemporanei
riescono a mettere in campo. Un presidio di umanità dolente, fedele a se stessa e
immobile da più cinquant’anni, dunque una rara riserva indomita e priva di prerogative
globalizzanti se non fosse per un parziale turnover di ragazzi dell’Est europeo che stanno
sostituendo gli autoctoni. Ma a tutto ciò basta girargli le spalle, ritrovare la strada di
dieci minuti prima per dimenticare rapidamente, una manciata di minuti sono sufficienti
per scordare un mondo che invece caparbio e disperato esiste, resiste e invecchia con
calma.
BIOGRAFIA
Giorgio Antonelli è nato a Roma nel 1965 dove vive.
Presso le Edizioni del Giano nel 2004 ha pubblicato la raccolta di racconti Stelle dell’Esquilino .
Questo racconto Demolizioni, è all’interno della raccolta Splendi sole! Mauro Pagliai Editore
Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati nel periodico di letteratura “Il Portolano” Polistampa Firenze.