Portico d’Ottavia


Venditori di pesce al Portico d’Ottavia
Un tempo a Roma e dintorni si pescava in abbondanza e ovunque. Nelle acque tirreniche, nei laghi, nei fiumi, nei torrenti. Anche nelle paludi, negli stagni costieri, compresi quelli di Levante e di Ponente, nella piana ostiense, che la bonifica dei ravennati doveva cancellare alla fine dell’Ottocento. Quanto al Tevere, perfino la spigola, pesce di mare per eccellenza, lo risaliva con facilità, sino a raggiungere i ponti urbani, attratta dai rifiuti commestibili e resa più tenera, a quanto si diceva, dalla fatica compiuta per risalire la corrente.
In tutto il Lazio, confermava monsieur Valéry ai tempi del Belli, «le poisson est superbe et il abbonde». Anche se non era troppo facile aver ragione della barriera fiscale irta di gabelle, d’imposte e di altri legami che si interponevano tra luoghi di produzione e centri di consumo. Come bastano a provare i mille e mille Bandi, Editti e Notificazioni. E finalmente il pesce riusciva ad affluire sui banchi di vendita al pubblico, e in tale quantità ed assortimento da lasciare stupefatti turisti e viaggiatori, magari provenienti da città molto più popolate e poste al centro di maggiori traffici.
Il baricentro di quel mondo straordinario era costituito da alcune colonne corinzie ed altre strutture superstiti del Portico di Ottavia, tra le quali si era annidata da tempo la chiesa di Sant’Angelo, che proprio dalla Pescheria prendeva il suo peculiare attributo. Di fronte, e tra le rovine del monumento augusteo, erano posti in declivio antichi marmi levigati e infossati dall’uso, le cosiddette «pietre del pesce», protagoniste in questi acquarelli di Roesler Franz.
Un po’ di verdura, e la presentazione rustica, scintillante, era cosa fatta. Un quadro compiuto, pervenuto sino a noi anche attraverso altre immancabili incisioni, acquarelli e dipinti. Né va dimenticato che per secoli la Pescheria si trovò a fronteggiare, come del resto abbiamo già visto, uno dei portoni d’ingresso del Ghetto.
Classiche arcate, tettoie e tenda, ambiente caratteristico e suggestivo, selciato a grossi «sam-pietrini». Un’edicola ovale, con baldacchino e lume acceso davanti, dà il tocco conclusivo. Molte «pietre» sono già sgombre e lavate. Il frate è arrivato tardi. Forse per risparmiare. Ma ha già fatto la sua scelta e la sua spesa.

Tratto da Roma Sparita negli acquarelli di Ettore Roesler Franz Livio Jannattoni Newton Compton Editori, ROMA, 1988
Dipinto di Ettore Roesler Franz 1880
Aggiunta da Mario Visconti

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