Fiumicino

La ricordo così Fiumicino, un paese di pescatori, semplice ma affascinante, per me che ci passavo l’estate.
Avevamo una casa vicino al lungomare, la mattina presto mamma ci portava in spiaggia, che allora era grandissima. La sabbia ferrosa, a tratti nera come la pece, si attaccava ai piedi e a volte non la portava via nemmeno l’acqua del mare. C’era un capannone dove i “fagottari” facevano a gara per prendere posto.
Iniziava così la mattina: le donne prendevano i posti, gli uomini piantavano gli ombrelloni e scavavano le buche per mettere in fresco vini e cocomeri. C’erano gli anziani che, aiutati dai nipoti, scavavano le buche per le sabbiature. Poi arrivava il papà di Pasqualino coccobello, seeguito dal figliolo col secchiello che imparava il mestiere.
Poi tutti in acqua, le signore con i figlioletti a riva, chi non sapeva nuotare alle corde, i ragazzi usavano i pali delle corde come trampolini. Molti uomini nuotavano fino alla piattaforma per le petroliere. Arrivava poi la “barca che canta”, come la chiamavamo noi bambini, per pochi soldi faceva il giro intorno alla piattaforma e, se c’era, della petroliera. Sulla destra della spiaggia una rete delimitava lo spazio per i bambini della colonia, tutti rigorosamente col cappellino bianco.
All’ora di pranzo si banchettava come a Natale.
Noi tornavamo a casa, per le stradine un andirivieni di donne del posto in bici, a volte arruginite e scassate, ma cariche di buste della spesa.
La sera si tornava sul lungomare, non esisteva l’afa, la sera c’era bisogno di un giacchettino. All’ultimo stabilimento, il Faro, la sera si ballava e la musica attirava tanta gente anche solo per ascoltare seduta sul muretto.
E poi e poi… mille ricordi, come lo spettacolare panorama dall’alto del faro, già allora diroccato, dove da più grande andavo con gli amici, armati di cerini per salire al buio totale i gradini tutti rotti, e il Ferragosto, la processione sul mare, le bancarelle, la musica, il primo amore…

Loredana Diana
Foto: Spiaggia libera di Fiumicino, 1961

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